Il fratello in consultorio. Ecco che riemergono quegli argomenti che avevamo visto in precedenza. Il rapporto figlio- padre- fratello.
Il discorso dell' oni-san sembra davvero un addio.
Aveva già pensato a tutto. E, perlomeno, si è pentito di quello che ha fatto.
Non c’è altra via di redenzione per lui, se non la morte.
E Naoto deve assistere di nuovo alla perdita di una persona cara. Ma questa volta lo tocca ancora di più. E’ quella del fratello, del suo fratello maggiore.
Il padre, in camera mortuaria si scompone, piange per lui: ma Naoto che fa? Non può piangere anche lui, o almeno, per ora non davanti al padre. Si può sfogare solo quando esce da quella stanza, ancora, ancora una volta, aggrappandosi a quel muro che lo ha sostenuto tante volte.
Straziante il discorso con il padre: “Dietro alla felicità di qualcuno c’è sempre la miseria di un altro”. Finalmente l’ha capito.
Probabilmente l’aveva capito anche prima, ma solo ora, con il figlio morto davanti, lo riesce ad esternare.
E così come il fratello gli aveva detto in cella “prenditi cura di papà”, ora Naoto dice al padre “prenditi cura di mio fratello”. Questo è un prendersi cura che non ha senso: non ci si può prendere cura di un morto. E’ un’azione che non può esistere nel secondo caso, e che nel primo è presagio di sventura.
Tutto rimanda a una tragedia imminente.
Naruse lo viene a sapere: è scioccato. Non l’aveva previsto. Ma soprattutto non lo voleva.
Che può fare se non distruggere tutto? Tutto il suo muro di fotografie, il suo mondo in cui è vissuto per 11 anni. Sembra quasi che odi quel muro da quanta foga ci mette nello strappare le foto.
La vendetta ormai, non ha più senso. Ed è proprio questo cambiamento che gli permette di vedere quelle “foglie rosse in autunno, e i suoni degli alberi, l’arcobaleno dopo la pioggia”. (Inizio OT scemo -fa molto bucolico coreano, ma rende davvero bene l’idea e io vado matta per queste cose un po’ Candy Candy… fine OT scemo).
Ma non c’è tempo per queste cose. Una nuova tragedia attende Serizawa: la morte del padre. Lo stesso padre a cui avrebbe voluto dire tanto ma, ancora una volta, è impotente davanti a tutto questo.
Sì, lui era suo figlio. Voleva esserlo ancora di più, avrebbe voluto esserlo, avrebbe voluto sapere che gli aveva creduto a quel tempo, ma non gli è dato di sapere.
Ed ecco il fungo schifoso. L’unico che non riesco a sopportare e che non ha nessun tipo di redenzione. L’unico personaggio davvero “Maou” in tutto questo drama.
L’emblema di quanto la vendetta possa portare alla pazzia totale e incondizionata.
La resa dei conti arriva. Eccoli tutti e due uno di fronte all’altro. E entrambi sono ben consapevoli che questo è il giro di boa.
Naoto arriva intenzionato a rendere inconclusa la vendetta di Naruse. Ma il cerchio non si chiude secondo le sue intenzioni iniziali.
Naruse non aspetta altro, lo si vede dalla sua espressione, dai suoi occhi, dalle sue parole.
“Come fai a non odiarmi? Ti ho ucciso, il padre, il fratello, i tuoi preziosi amici”… l’ha privato di tutto. “Mi sbaglio?”… Guardalo come lo guarda.. è spaesato: come se tutti i suoi perché che l’hanno mosso durante quei 11 anni, fossero congiunti in quelle parole: “Uccidimi”.
Naoto non può ucciderlo. “Volevi davvero che ti uccidessi?”… Lui non riesce a vedere altro che la versione in cui lui stesso è il colpevole. E lui, Naoto, avrebbe dovuto ucciderlo per espiare la sua colpa di anni fa? No, non è così che vede le cose.
Arriva il vero faccia a faccia.
Naruse chiede, quasi implora con la forza della disperazione, di poterlo far tornare Manaka Tomoo.
Non ha più senso essere Naruse. E lo deve fare Naoto. E’ suo compito.
Ma Naoto non può ancora una volta. Come potrebbe? Tutto ha avuto origine da lui.
Due mondi in cui la colpa impedisce di ragionare, sono ora a confronto. Il primo non si può perdonare per la tragedia di 11 anni fa, il secondo non vede altra via che la morte. Non c’è speranza per nessuno dei due.
Una fatale coincidenza e entrambi sono ad un passo dalla morte. Una morte che non ha determinato nessuno, assolutamente da nessuno se non dal fato. Un fato che sembra regolare i conti.
“E’ così che doveva finire”. Sembrerà banale, ma è questo quello che pensa Naoto.
Davanti alla morte non sono altro che Naoto e Tomoo.
“Per favore, perdonami e perdona te stesso”.Questa è la frase che chiude il cerchio. Lo chiude definitivamente.E il pianto di Tomoo riecheggia nel vuoto, così come quello di Shiori. E’ tutto finito.
Sono rimasta con l’immagine dei due corpi appoggiati l’uno all’altro tutto ieri sera.
E anche ora vedendola mi si stringe il cuore. Chiamatemi sentimentale, terribilmente coreana, ma è un immagine che segna.
Non si sono incontrati nella vita. Ma almeno nella morte lo sono.
Ora Naruse può appoggiarsi a quella spalla che, nel suo cuore, aveva perdonato da tempo.E che ha sofferto esattamente come lui.