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Dicciamolo con spudorata franchezza, ho passato, abbiamo passato, due ore a mangiarci le mani in attesa del "momento cruciale", quello del recupero della memoria di Soo Hyun, per cui forse ho caricato di troppe aspettative e di entusiasmo due puntate, l'undicesima e la dodicesima, non proprio irreprensibili. La prima è stata senza dubbio tutta ad appanaggio dei deliri di un vendicativo Min Ki, una specie di pallida copia del nostro protagonista del tutto deprivata di quel tormento esistenziale che tanto ci garbava in Soo Hyun. Insomma, ci siamo dovuti sorbire una specie di pazzo integrale che tra scoppi di gelosia e furore psico-fisico imperversava meritandosi il titolo del "cattivo di giornata", ma forse questo titolo è concedergli troppa grazia accostandolo all'ottima interpretazione di Kim Gab Soo nel mefistofelico ruolo di Jung oppure al complesso mondo interiore del "cattivo dal volto umano" Mao, un convincente Choi Jae Sung. Si sa, non c'è ruolo più ambito del ruolo dell'interprete principale per poi accorgersi che la vera sostanza, il sale della storia sta ben conservato nel sacco dell'antagonista, del villano, croce e delizia, vituperato dai più, osannato da pochi intimi estimatori tra cui, e ne vado fiera, la sottoscritta. Alla crocifissione di un abulico Jung Kyung Ho, ridotto all'ingrato ruolo di rimorchio dalla sceneggiatura, aggiungo qualche perplessità riguardante il ruolo di Kay. Ho atteso con pazienza per non rovinare il mio giudizio sull'interpretazione di Junki, però mi tocca dirlo. Questo momento del suo personaggio mi ha convinta meno dell'intenso Soo Hyun, vuoi perchè ha dovuto fare piazza pulita delle emozioni fin lì mostrate con il cuore in mano e vuoi perchè è stato costretto, in definitiva, a reinventarsi in un altro personaggio senza poter attingere nel lupo di Soo Hyun che invece, secondo me, era la vera forza della sua interpretazione. Conclusione finale, un passaggio a vuoto, senza particolare mordente e interessante soltanto in quella prima frazione post incidente, dove lo smarrimento, la sfiducia di chi ha perso la sua identità lo rendevano simile ma nel contempo distante da Soo Hyun, dopo, solo accettazione formale di un ruolo in cui tutti lo identificavano e interpretazione ridotta a compitino scolastico. Non ricordi chi sei e non hai alcuna voglia di saperlo? L'incertezza doveva essere quello spunto in più per un uomo rimasto tradito dal passato, doveva, in assoluto, costringerlo a ripercorrere a ritroso le vie dell'altro lupo che c'era in lui, invece niente, peccato. La mia è una critica che sta dalla parte delle sensazioni e non vuole assolutamente "smontare" ciò che di buono ha mostrato fin ora Junki, soprattutto vuole essere un incentivo personale ad una lettura diversa di una parte del racconto che dal punto di vista degli autori è andata, comunque, nella direzione più logica possibile e immaginabile. Poi, come sempre, tutto è opinabile. Chi guarda è sentimentale e vorrebbe tenersi ben strette le emozioni fin qui provate, impedendo loro di frantumarsi in scenette da romanzetto rosa dal sapore stucchevole, vedi gite a cavallo e camminate varie per gonfiare ad aria compressa la trama amorosa, quindi mi piacerebbe sapere perchè una brava attrice come Nam Sang Mi è costretta a rimanere inscatolata nella figura "della figlia di" e dell'"innamorata di". E' uno spreco insopportabile. Poi, ci sono i tre mostri, si fa per dire, a cui dobbiamo riverenza e riconoscenza, ossia Kim Gab Soo , Sung Ji Roo e Choi Jae Sung. La trama ringrazia generosamente mostrandoci in che modo cattivi si diventa (Jung "sfrutta" indegnamente il dolore e il desiderio di vendetta di Min Ki per ottenere le informazioni necessarie per inchiodare Mao e il suo gruppo criminale alle loro responsabilità oppure Mao che decide l'uccisione di Seo dopo il suo "tradimento") e in che modo la coscienza riemerge dal buio della tenebre nel movimento inconsapevole del dito di una mano nel cuore della notte (Jung che vede sfilare in macchina un Kay turbato dalla rivelazione sulla sua identità) oppure dopo una sbronza in un intenso pensare (Mao riflette in solitudine, forse, sulla fedeltà di Kay) oppure ancora in quegli occhi che strabuzzano nel confronto con un uomo alla ricerca di se stesso, sapendo di dover mentire per convenienza (Byun aiuta Kay con la morte nel cuore, sapendo al dolore a cui andrà incontro).
Poi, il finale, solo il finale.
Il passaggio dal sapere chi sei e non lo ricordi al sapere chi sei perchè lo ricordi è stato di una crudeltà indefinita come quella sofferenza patita insieme a Junki e al suo Soo Hyun. E' difficile per me descriverla, perchè sarebbe come riviverla prolugando l'agonia di quel corpo martoriato dalle grida che invocava soltanto la liberazione della morte. Quel proiettile è soltanto rimandato. Adesso, l'unico scopo di un uomo scopertosi assassino e figlio putativo dell'uomo che più ha odiato al mondo, è quello di tornare ad essere una spia e di portare a termine la sua missione.
Dopo, la sua esistenza potrà congedarsi invocando il perdono.