Pur non essendo particolarmente fan degli SHINee (riconosco giusto un paio di canzoni), la notizia del decesso di Jonghyun mi ha colpita molto perché, essendo stata a contatto con persone affette da depressione, mi sono dovuta rendere conto di quanto sia un male subdolo e insidioso. Isola le persone, le fa sentire superflue, mina il loro attaccamento alla vita.
Così ho cercato di informarmi meglio sulla vicenda di Jonghyun, e girando ho trovato un'intervista che aveva rilasciato a inizio 2017 che mi ha colpita tantissimo.
Jonghyun era non solo consapevole, ma aperto a discutere di cosa voglia dire avere problemi psichici. In Corea è raro, e fra i personaggi pubblici è ancora più raro.
Riporto un passaggio dell'intervista alla rivista
Esquire :
CITAZIONE
Sono una persona fondamentalmente pessimista. Sono sempre stato malinconico, sin da piccolo, ed è vero anche adesso. Ma non penso di poter continuare a vivere sopportando questa malinconia per sempre. Lo si può fare da giovani, ma se si vuole diventare adulti, si sopravvive solamente se ce la si lascia alle spalle. A meno che non ci si voglia rimanere intrappolati dentro e morire, bisogna crescere, per quanto questo possa far soffrire - ma se si cede per paura, alla fine è inevitabile che si rimanga immaturi. Io ho scelto di cambiare.
Nell'intervista racconta anche di come tenere un programma radiofonico con chiamate dal pubblico l'abbia aiutato a uscire dal guscio creatogli intorno dall'industria dello spettacolo ed a crescere come persona.
Jonghyun fa un racconto franco e intenso della sua esperienza e delle sue difficoltà, ma vorrei invitarvi a leggerlo, magari una volta superato lo choc per la notizia. Per aprire una finestra sul mondo del disagio psichico, e anche per ricordarlo come persona e come artista.
Intervista per
Esquire, su Omona >> [
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Articolo Washington Post >> [
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